sabato 11 febbraio 2012

La rivoluzione personale di Giannello Vecchiardi, giovane militante sociale

Personaggi:
g: giovane
v: vecchio


In una casa in pieno centro cittadino un vecchio e suo nipote discutono.

g- Noi giovani, poveri noi giovani, non abbiamo possibilità, noi giovani non abbiamo da fare.

v- Noi vecchi, noi poveri vecchi non abbiamo più tempo, noi poveri... con le bocce ci annoiamo.

g- Noi giovani nun c'avemo er lavoro... non ce ne sta.

v- Nun ce ne sta.

g- Dicono che simo senza voglia, nullafacenti, ma se nun c'è nulla da fare, che potemo fare...?

v- Potete badà a noi, a noi della terza età.

g- E ci dividiamo la pensione!

v- No la pensione, no! Noi della terza età ce la simo sudata, ce la simo lavorata per tutta la prima e la seconda età. Prova a lavorarti tu e a sudartela tu una pensione tua.

g- E che si deve fà?

v- Devi lavorare. Una vita di lavoro ci vuole.

g- Ma nun ce ne stà!

v- E nun ce ne stà...

g- C'è in giro tanti vecchi che ancora lavorano, infami, e noi no, noi, i giovani.

v- Perchè noi de la terza età simo vigorosi, c'abbiamo la volontà, c'abbiamo.

g- Avete la pensione e pure il lavoro, voi vecchiacci schifosi, e non lo lasciate a noi giovani.

v- Voi non sapete lavorare, noi della terza età simo capaci, vigorosi, esperienti.

g- Alla posta c'è ancora gente vecchiaccia che lavora, in officina ancora gente vecchiaccia che lavora, nei campi pure. C' avete le manie di protagonismo, c'avete, voi vecchiacci schifosi, non ci lasciate il lavoro. Io che vorrei fare il ministro, il presidente... tutti lavori che fate voi vecchiacci, e non lo sapete mica i bisogni che c'avemo noi giovani, perchè siete vecchi, vecchiacci schifosi.

v- Noi della terza età simo al potere perchè simo più forti de voi giovinastri.

g- Più forti?! Vuoi fare a pugni...?? Eh vuoi fare a pugni, vecchio 'nfame...?? (gli da forti scappellotti)

v- Voi ragazzetti dovete dimostrare di essere più in gamba di noi, così potete trovare il lavoro, potete sostituirci, dovete fare la lotta di classe, dovete fare le manifestazioni come a noi nella nostra giovinezza.

g- Voi vecchiacci mi fate schifo, anche voi ci fregate il lavoro. Voi avete tutti i lavori belli, io che vorrei essere un ministro, un presidente, un lavoratore importante... non posso farlo perchè sti lavori li fate solo voi, vecchiacci schifosi, egocentrici, egoisti, pensate solo a voi. Ma verrà la rivoluzione, si ribalteranno la cose.

v- Ma chi voi ribalterete le cose? Voi ingenui ragazzetti...

g- Vedrai! Se non verrà la rivoluzione e vi spazzerà a tutti via, a te per primo!

v- A me! Noi della terza età c'avemo il potere, siamo i capitani della società, siamo essenziali, vigorosi... 
(con fretta isterica, all'improvviso) Portame al bagno, de corsa ce devo andà, de corsa! Spingi, spingi sta carrozzina... è l'incontinenza che chiama, ragazzo. Via!  Al bagno!

g- (Spingendo di corsa la carrozzina) Schifosi! Questo è il potere che avete, il potere di comandare. Ve lo farò vedere io. Farò la mia rivoluzione. Attuerò la mia rivoluzione! Io contro i vecchi e vincerò. Vincerò!

v- Portame al bagno, ce devo andà de corsa, più de corsa!
 

Il giovane, dopo giorni passati a riflettere sulla sua rivoluzione, mette un cartello sulla spalliera della carrozzina e la spinge, col nonno sopra, fino al ciglio di una strada molto frequentata. 
Nel cartello c'è scritto:

"ATTO DI RIVOLTA CONTRO I VECCHIACCI SCHIFOSI! 
IL MONDO E' DEI VECCHI E NESSUNO SI RIBELLA, IL LAVORO E' DEI VECCHIACCI E NESSUNO SI RIBELLA. 
NOI, I GIOVANI, SIAMO STUFI. VOGLIAMO I NOSTRI DIRITTI, IL NOSTRO LAVORO. IO PER ESEMPIO VORREI FARE IL PRESIDENTE."



venerdì 10 febbraio 2012

Autosufficienza

(Brutta storia per i giovani d'oggi)

Estate 2005

Le cosce lungo il fiume



photo di Miranda Lehman

In un castello di cristallo ho messo piede,
la luce che conservo mi riflette.
Posso parlare solo e sentirmi rispondere
con parole che sembrerebbero mie,
ma non hanno la mia voce,
non parlano la mia lingua.

Posso restare fermo e sentirmi sbalzato
fra cento anni di spostamenti.
Allora mi muovo lentamente
per osservare.

Ogni cosa si tiene stretta al suo alone,
plasmando la forma,
irrigidendo il busto,
creando movimento, dentro.

Io sono il tuo perineo.
Colpo dopo colpo
saltello le tue vertebre.
In tali circostanze si finisce
per innamorarsi di se stessi. Così da smettere
d’ignorarsi, ignorando tutto il resto.
Sentirsi stratificati
su ciò che non appartiene.

Mi doni il tuo orgasmo?
Vorrei sciacquarmi il viso.
Sono soltanto attimi
quelli che si cedono calmi
alla burrascosa casualità dei corpi
che si scoprono artefatti.

-“Amore mio, la luce che magnifica il tuo corpo stasera ti rende candida come non mai”
-“Ragazzo mio, se mi hai pagato per osannare la luce hai speso male i tuoi soldi”

Sento freddo.
Sotto il volto scuro sento freddo.
Tutto il cristallo è liquame condensato.

Non mi hai mai detto niente.
Ti sei mai chiesta cosa hai avuto di me?
Per tutto il tempo che è passato,
non una parola,
per tutto quello che è stato.

A soffiare sulla brace ci si stanca
se nessun legno si lascia infuocare.

Il tuo ventre è la luna che splenderebbe stasera.
Ma piove.
Peccato.

Vestito a gran festa, davanti allo specchio,
sistemo il mio fiocco:
sputo all’ immagine riflessa,
gli chiudo un occhio!
Adesso, tutto quello che ho visto
è lecito che non sia mai accaduto.

Attraverso il salone a passi decisi.
Spalanco le porte.
Gli angeli alle pareti
hanno l’ordine di non voltarsi.
Rimangono immobili,
bevono sangria nel parco
fingendo di corteggiarsi.
Ridono il sarcasmo
della vita in movimento.

Ridono per ogni piega
Ridono per ogni passo
che curva la mia schiena

Se tu vai via io preferisco
restare.
Aspetto il suo ritorno. Non ha promesso nulla,
ma aspetto che ritorni.
C’è un fiume prenotato,
presso a poco ora.
Insieme scenderemo
lenti
per osservare.
Lei fermerà il tempo,
io l’ideale.

Incastreremo le carni
nella morsa rumorosa.

Lei fermerà la luce
io la sporcherò d’inchiostro.
Se vorrà baciarmi glielo concederò.
Se nuderà i suoi seni
aprirò le mani.
Guarderò i suoi fianchi
sbocciare in gran segreto.
Il tepore del suo sesso
mi custodirà. Starò stretto
alle sue cosce
bianche
fra il silenzio. 

photo di Miranda Lehman





martedì 7 febbraio 2012

The whore's God/God's whore


(Like a whore with a misconceived catholic education)


Mio Dio, una carezza.
Mi batte il cuore forte. Perché?
Sbattermi ossessivamente e poi questa carezza
rude. È una mano spinosa,
mordace, una mano per bestie da lavoro.

È lavoro anche il mio.
Pesano i danni del corpo,
il sangue raggrumato tra le labbra e la seta,
i pensieri del giorno dopo,
le preghiere dell’attimo prima.

Crederci, forestiero,
credimi, non paga.
La mia vagina putrida,
su cui tu snello
aggrappato ti nutri,
è la mia mula per i campi.
Schiuma sui muscoli pettorali,
sulle cosce arse, rade,
insetti sulle froge sporche.

Dalle labbra luccichi,
dal mento al petto caldo
ti contamini.
Il mio Cristo sei,
poverino,
e la tua spada
e la tua croce
dentro pregano che basti
perché mi possa far male
e capire.
Corteo del disagio,
di fragole e vino.

Poverino, il mio Cristo
mi guarda da giù.
Gli sorrido per pietà.
È un Cristo senza lena,
di miseria incolta.

Bisogna essere feroce puttana
per dubitare di una mano che ti sfiora.
Non è fiducia.
È il dolore.
Mi schizza i lombi per il bene
unico che possiamo,
ultimo che ci avvicina.
Il bene fetido che ci accumuna.

Bisogna proprio essere una gran troia
per capire quanto è piccolo il bene.
Questo è difficile tradire!
Anche quella è una menzogna per cui tocca scavare.

Sottraiti anche tu - bellino -
il mio Cristo lumaca,
poveretto,
guardatelo. Tira via le corna e sbava.

Portati qua Cristo mio. Pagherai.
Fai sentire ancora sulla lingua
il peso della tua terra straniera.
Coltiverò tra i seni quella fragola
prepuzio sfondato. E pagherai.
Per il tronco carne tra i seni bui.
Sbatti forte sui cerchi arrondellati
fragola virulenta. Il tuo tonfo schiacciolìccio
sul mortaio è il mio onore.
I tuoi sandali sporchi me li puoi ficcare più in fondo.
Berrai i grumi dalla mia vagina,
come ingozzandoti di un aborto.
Sacro sarai. Mi bacerai e lo sarò anch’ io.

Pagherai e starò ancora a guardare.
E sentirò il tuo peso, e altri ancora.
E se vorrai tornare, sopporterò il tuo peso.

Io sono la Verginella. Lo ha detto lui.